Nello spazio l’uomo ha disseminato molte, molte, decine di telescopi con lo scopo di indagare su tutte le lunghezze delle onde elettromagnetiche, sui raggi cosmici ed ultimamente cercano di rilevare le “onde gravitazionali”, previste nel 1915-16 da Einstin nella “Relatività Generale”, teoria tutt’oggi alla base dei modelli cosmologici moderni.

Questi telescopi vengono immessi in orbita a distanza diversa dalla Terra in funzione del tipo d’indagine al quale sono preposti e per poter osservare lo spazio all’esterno dell’influenza dell’atmosfera terrestre.

La distanza minima dalla Terra, definita “orbita bassa” è di poco più di 500 km (orientativamente, la distanza tra Roma e Milano), ma le orbite possono raggiungere anche i 200.000 km, circa 5 volte la circonferenza terrestre.
La distanza dell’orbita e la velocità con la quale il telescopio la percorre sono strettamente legate e non vi sono margini d’errore.
Questa dovrà avere un valore esatto: se la sua velocità fosse anche di poco più bassa del necessario, la forza di gravità finirebbe per prevalere ed il telescopio verrebbe inesorabilmente attratto verso il suolo.
Viceversa, se la velocità fosse leggermente superiore di quella occorrente per mantenere uno stretto equilibrio con la forza di gravità, il telescopio finirebbe per perdersi negli spazi siderali
Questo vale per qualunque satellite naturale o artificiale che sia, e vale anche per le stelle ed i pianeti.
Potremmo dire che tutto l’universo è un gioco di equilibri….non sempre stabili.

Più il telescopio orbita vicino alla Terra, maggiore dovrà essere la sua velocità. Se invece la sua orbita sarà molto distante dalla Terra la sua velocità di spostamento dovrà essere adeguatamente ridotta.

 

 

OAO-2 (Orbiting Astronomical Observatoty)

 

 

Hubble Space Telescope

Il primo telescopio orbitale, l’OAO-2 (Orbiting Astronomical Observatoty) fu lanciato nell’ormai lontano 1968, mentre il più famoso è certamente l’ Hubble, che orbita alla distanza di 540 hm circa dalla Terra, alla velocità di 27.000 km/h ed al quale dobbiamo le più belle fotografie dello spazio, mai viste.
Nonostante a quell’altezza non ci sia aria, come noi la conosciamo, nel suo continuo girare, il telescopio risente dell’attrito con l’Atmosfera.
Questo, nel tempo, gli aveva fatto perdere un po’ di velocità e conseguentemente quota con il rischio di essere risucchiato dalla forza di gravità e di finire al suolo.
Per ben quattro volte lo Space Shuttle, ha aperto i portelloni del suo vano di carico, lo ha preso a bordo e lo ha riportato nella giusta orbita, alla giusta velocità.
E non è cosa da poco ! L’Hubble è grande quanto uno dei pulmini che vi accompagna a scuola !
Nell’ultima missione per reinserirlo nell’orbita, sono stati compiuti anche importanti lavori di manutenzione, che hanno dato nuova vita al telescopio, consentendogli di raggiungere un primato di longevità ed efficienza, considerato che ruota intorno alla terra dal 1990.
L’Hubble è sensibile alla radiazione elettromagnetica oltre il limite di quella visibile all’occhio umano ed è dotato di una strumentazione che consente di scomporre la luce raccolta dal suo specchio, in modo da poterla analizzare nelle varie lunghezza d’onda che la compongono.

Un telescopio altrettanto famoso è lo Chandra, anch’esso portato in orbita dallo Space Shuttle nel 1999.
La sua orbita è tuttavia molto diversa da quella dell’Hubble: è ellittica e il punto più vicino alla Terra è a 9.600 km mentre quello più distante è a circa 140.000 km.
Diversa dall’Hubble è anche la frequenza della radiazione elettromagnetica che è preposto ad osservare. I suoi potenti quattro specchi sono infatti sensibili ai raggi X (fotoni X) ed hanno consentito di intercettare quelli provenienti dagli oggetti dell’Universo più lontani da noi.

Pensando a quei fotoni ed al loro fantastico viaggio durato 12 miliardi di anni, abbiamo provato riassumerlo nel tentativo di rende il tempo più comprensibile.
Storia di un telescopio e di un fotone