E’ quasi impossibile che non abbiate sentito parlare di “vuoti d’aria”.
Le cronache televisive, online e quelle edite su carta stampata ne parlano correntemente, riportando la notizia a caratteri cubitali, spesso parlando di cadute lunghissime, se non chilometriche, prima che l’aero riesca a ritrovare “l’aria piena”.
…strano….
perché i “vuoti d’aria”…….non esistano.
L’aria è sempre “piena”.
Magari più o meno densa, ma finchè rimaniamo nell’ambito della Troposfera, l’aria c’è sempre.
Ma allora perché dicono “vuoti d’aria” !
E se i vuoti d’aria non esistono, cosa sono?

UN ESEMPIO DI ASCENDENZE E DISCENDENZE

La Troposfera è caratterizzata da un complesso giuoco di equilibri tra riscaldamento, raffreddamento, vapor d’acqua e pressione atmosferica, il tutto influenzato dalla rotazione della Terra.
La mescolanza variabile di questi fattori genera spostamenti orizzontali delle masse d’aria, che chiamiamo “venti”, ma genera anche spostamenti delle masse verso l’alto e verso il basso.

Questi ultimi spostamenti li definiamo “ascendenze” e “discendenze: se un massa d’aria sale, quella subito adiacente deve necessariamente scendere….e questo accade proprio perché in vuoti d’aria non possono esistere.

Queste ascendenze e discendenze, possono alternarsi in rapida successione oppure distanziate tra di loro. Inoltre possono avvenire con energie diverse.

Il fenomeno ne induce un altro che, nella terminologia aeronautica e meteorologica, viene chiamato “turbolenza” e può essere di grado modesto fino a diventare, in casi molto rari, distruttiva.

Un aereo vola a velocità discretamente elevate e, quando incontra un’aria turbolenta, e specie se le ascendenze e discendenze si alternano in rapida successione, si comporta un po’ come una autovettura che passa istantaneamente da una strada perfettamente asfaltata ad una sconnessa.
A bordo i passeggeri avvertirebbero gli stessi tipi di sussulti, anche se…in loro insorgerebbe una diversa preoccupazione… 🙂

Potrebbe tuttavia darsi il caso che le ascendenze e le discendenze siano distanziate tra di loro.
Da un lato, una massa d’aria potrebbe quindi scendere rapidamente e, dopo una certa distanza, un’altra massa d’aria potrebbe risalire altrettanto rapidamente.

L’aereo che si trovasse a traversarle sarebbe inizialmente trascinato verso il basso dalla corrente discendente, anche per molte, molte decine di metri (ma non certo per chilometri ! !), trasmettendo ai passeggeri il senso di precipitare.
Stante l’elevata velocità, l’aereo attraverserebbe la zona discendente in un tempo complessivamente breve, ma subito dopo entrerebbe nella massa d’aria ascendente provocando ai passeggeri l’esatta sensazione opposta, quella di un sobbalzo seguito da una rapida risalita.
…e non possiamo escludere che faccia poi seguito la sensazione dei sussulti “su di una strada sconnessa”.
Certamente non è piacevole e, in casi rari (quelli che finiscono nelle cronache), l’evento ha provocato la caduta di bagagli, il rovesciamento di carrelli portavivande e il ferimento di coloro che non erano correttamente seduti con le cinture allacciate.

Gli aerei odierni hanno un livello costruttivo che consente loro di far fronte ad episodi del genere, anche se, ad ogni buon conto, vengono accuratamente prevenuti e, quindi, nei limiti del possibile, evitati.
Essendo un fenomeno noto, le informazioni meteorologiche disponibili per i piloti, forniscono dati in merito alla possibilità di trovare o meno turbolenze sulla propria rotta, così da consentire di aggirare l’aria interessata nel caso in cui sia prevedibile l’insorgenza di un fenomeno di alto grado, oppure, nel caso di una previsione di turbolenze modeste, di proseguire sulla rotta riducendo adeguatamente la velocità dell’aereo in prossimità della massa d’aria prevedibilmente turbolenta.

Parlando di “turbolenze” è quasi impossibile non accennare anche alle “correnti a getto”, un fenomeno atmosferico dove i venti che mediamente spirano a 150 km/h ma che possono raggiungere anche velocità di 250 km/h.
Queste correnti sono ben conosciute ed utilizzate dalle compagnie aeree per ridurre i tempi di permanenza in volo e quindi risparmiare carburante.