La luce solare che noi possiamo vedere è composta da una mescolanza di fotoni con caratteristiche diverse, ovvero con diverse lunghezze d’onda.
E’ possibile suddividere la luce secondo queste caratteristiche, ciascuna delle quali provoca in noi la sensazione visiva di un colore.
I colori sono sette: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.
La luce solare, che abitualmente definiamo “bianca” è dunque composta dalla mescolanza di questi colori.
IL DISCO DI NEWTON
Possiamo eseguire un semplice esperimento che prende il nome di uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, Isaac Newton, che lo dimostrò per primo.
E’ sufficiente suddividere un cartoncino di forma circolare in settori ciascuno dei quali deve essere colorato con uno dei sette di colori sopra citati .
Fatto ruotare rapidamente attorno ad un asse passante per il centro, apparirà sufficientemente bianco.
Per un risultato ottimale, il disco dovrebbe essere illuminato con una luce molto simile a quella solare e dovrebbe ruotare ad una velocità tanto elevata da impedire all’occhio umano di distinguere il movimento dei singoli settori colorati.
Abbiamo messo in rotazione il disco avvalendosi di un motore elettrico e, pur senza disporre di una adeguata illuminazione e di un altrettanto adeguata rotazione, il risultato è quello visibile nelle immagini sottostanti.
Il piccolo esperimento sarà mostrato nell’occasione della visita delle scolaresche presso il “laboratorio” di fisica appositamente allestito nelle nostre strutture.
SCOMPOSIZIONE DELLA LUCE ATTRAVERSO UN PRISMA
Il fenomeno, detto dispersione della luce, è dovuto alla “rifrazione” e fu studiato per la prima volta da I. Newton che con questo esperimento dimostrò che la luce bianca è in realtà formata sette colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.
Siamo abituati ad osservare la scomposizione della luce al presentarsi del fenomeno dell’arcobaleno dove le goccioline d’acqua sospese in aria scompongono i raggi solari in egual modo del prisma.
Abbiamo ricostruito l’esperimento realizzando prima di tutto un raggio di luce che mantenesse quanto più invariate le sue dimensioni fino al raggiungimento della faccia del prisma
Per far ciò ci siamo avvalsi dei materiali che abbiamo potuto reperire tra quelli comunemente “dispersi” nelle nostre case.
Siamo così dovuti ricorre all’uso delle due lenti in quanto, usandole singolarmente non riuscivamo a raggiungere il risultato voluto.
Anche questo piccolo esperimento sarà mostrato nell’occasione della visita delle scolaresche presso il “laboratorio” di fisica appositamente allestito nelle nostre strutture.
Ecco il risultato